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Arte e sperimentazione
Grande appassionato di cavalli, il ricco e influente Leland Stanford chiede nel giugno del 1872 a Eadweard Muybridge di fotografare la corsa del suo celebre Occident per verificare la tesi secondo cui c'è un istante durante il galoppo in cui il cavallo ha tutte le zampe sollevate da terra: comincia così la storia della cronofotografia. Muybridge si era trasferito nel1851 dalla natia Gran Bretagna negli Stati Uniti, per il suo lavoro in ambito editoriale e librario; poi, dopo qualche anno passato di nuovo in Gran Bretagna, dal 1866 si era stabilito a San Francisco. Qui aveva avviato un'attività fotografica professionale, dedicandosi a soggetti vari, soprattutto paesaggistici, spesso in stereoscopia, molto ricercata in quel periodo. Ambizioso ed eccentrico, accetta la sfida, e la decisione segna da quel momento il tracciato della sua vita, che sarà tutta dedicata al miglioramento, alla variazione e alla diffusione della sua invenzione. L'occhio umano non riesce a cogliere con certezza la posizione delle zampe e i dettagli del movimento di un animale in corsa, per cui, peraltro, varie posizioni preferite dai pittori erano di fatto imprecise, se non errate. Soltanto la fotografia, la cui rappresentazione era data per oggettiva e probante proprio perché meccanica, poteva fissare veridicamente, frammentandolo, il flusso del movimento. La questione principale consisteva appunto in questo: spezzare la continuità in una serie di scatti discontinui ma calcolati per ricostruire in modo credibile e convincente il flusso temporale. La tecnologia dell'epoca comportava ancora tempi di fissazione troppo lunghi, cosicché ciò che si muoveva risultava vago e indistinto, semitrasparente come un fantasma. Il movimento, potremmo dire, era il fantasma della fotografia, il suo assillo, la sua impresa impossibile. Essa era riuscita a fissare per la prima volta l'istante, il momento inafferrabile che costituiva il paradosso di ogni riflessione...
Morandi Giacometti e Holland
"Un saggio sui rapporti tra Morandi e Hollan, un altro su quelli tra il pittore bolognese e Giacometti. Se questi accostamenti sono fondati, si può dunque pensare che Giacometti e Hollan ebbero assilli, percezioni, modi di dipingere assimilabili. E se si avvicinano a Morandi per diversi aspetti del suo lavoro, devono dunque incontrarsi in questo o quel punto della loro comune frequentazione della sua grande opera. Opera peraltro così singolare, e così omogenea, che non si vede come si potrebbe interessarsi a essa senza averla dinanzi agli occhi nella sua interezza e reagire a essa senza un coinvolgimento totale del proprio essere".
EUR 12.35
Arcimboldo
"Tanto regolata e coronata dal successo fu la vita di Giuseppe Arcimboldo, quanto accidentato e censurato dall'oblio il destino postumo delle sue opere. Pittore tra i più amati, lusingati e imitati del suo tempo, svolse onorata carriera al servizio di arcivescovi e imperatori; i suoi dipinti subirono invece il flusso di alterne vicissitudini, andarono in gran parte dispersi e confusi nella massa delle modeste e anonime imitazioni. Intravista come "curiosità" e relegata nella sottospecie dei "capricci e bizzarie" dal gusto dominante, la sua opera fu pressoché ignorata dalla letteratura artistica ufficiale, o citata solo accidentalmente, spesso a sproposito." (Corinna Ferrari)
EUR 11.40
Diario
"All'epoca del diario o, per esser più esatti, delle scarse tre annate (1554-1556) che ce ne rimangono, Jacopo Carrucci detto il Pontormo ha passato la sessantina. A quel tempo, il Pontormo finisce d'affrescare il coro in San Lorenzo, poi scialbato nel 1738 (o 1742?) e del quale non ci resta altra diretta testimonianza che una trentina di disegni. E la fatica suprema della sua vita; e stanco e mezzo infermo, la porta innanzi da solo. I giorni che può lavorare, registra nel diario d'aver compiuto questa o quella parte d'una o d'altra figura, e a maggior chiarezza lì accanto ne schizza qualche tratto. In complesso, la materia del diario potrebbe raccogliersi sotto tre punti. Oltre alle annotazioni del lavoro agli affreschi in San Lorenzo; quelle dei cangiamenti del tempo in rapporto ai propri malanni, che il Pontormo descrive con cinico compiacimento verbale; e in terzo luogo, finalmente, meticolosi, ossessivi, i bollettini di ciò che in quel dato giorno egli ha mangiato (né più poveramente poteva mangiare); ogni tanto interrotti da digiuni. «Martedì [6 ottobre 1556] mi levai una hora inanzi dì, e feci quel torso del putto che ha el calice». A poche settimane dalla morte, è questo l'ultimo ricordo d'una figura da lui dipinta. Nella sua segregazione popolata di gigantesche forme in disfacimento, agitata di gesti che paiono brancolamenti sovrumani, i suoi amici vanno a cercarlo, quasi con uno sgomento di saperlo là solo, con un senso di carità ma importuna ed inutile: come se lo volessero riportare indietro, dove egli non ha più ragione di stare, dove rifiuta di stare. Come se lo scorgessero in gran pericolo, sul punto di precipitare da una di quelle altezze che si veggono in sogno: bussano, chiamano, bussano, e ancora si sentono quei rintocchi. Ma...
L' angelo necessario. Saggi sulla realtà e l'immaginazione
Nel settembre 1949 Wallace Stevens acquistò una natura morta di Pierre Tal-Coat e se ne innamorò al punto da darvi un titolo di sua invenzione: "Angelo circondato da paesani". Pochi giorni dopo da quel titolo nacque una poesia, in celebrazione di un angelo invisibile che annuncia ai pastori non una nascita divina ma una rivelazione terrestre: «sono l'angelo necessario della terra,/ perché la terra nel mio sguardo rivedete,/ libera dalla sua dura e ostinata maniera umana». È l'angelo della realtà che si limita a indicare la via del mondo, ma è necessario, perché il mondo rivive solo in quello sguardo. Lo sguardo della poesia. Questo volume raccoglie le riflessioni di poetica di Wallace Stevens, dirigente di una grossa compagnia di assicurazioni e insieme interprete tra i più fecondi e imprevedibili che la modernità abbia avuto. Flemmatico ed elegante uomo di legge, Stevens non perde mai la calma ed evita i toni enfatici, spesso ha battute di umorismo particolarissimo. Eppure insegna che l'angelo è necessario, scrive cioè una disincantata apologia della poesia per i nostri tempi. Da poeta, nei saggi evoca immagini. Parla della metafora, dell'immaginazione, dei rapporti tra poesia e pittura, in modo originale per stile e contenuto, riprendendo la questione dalla base, con semplicità e raffinatezza.
EUR 20.90
Charlie Chaplin. Il cinema come arte
"Non crediate che ci sia qualcosa di misterioso nelle mie interpretazioni di parti comiche davanti alla macchina da presa. Mi sforzo unicamente di cogliere in mezzo alla gente la verità autentica, dalla quale traggo poi profitto nel mio lavoro. La base di ogni successo creativo nel teatro e sullo schermo non dipende forse dalla conoscenza della natura umana nei singoli individui? È certo che questa conoscenza non si acquista in virtù dell'istinto. Posso dire che sono debitore della parte migliore della mia opera alla scuola che frequentai in seno alla compagnia di Fred Karno. Tutte le tradizioni classiche dell'umorismo teatrale vi erano gelosamente conservate: acrobatismo, dialoghi di clown (infarciti di amaro umorismo, di melanconica ironia), danze, giochi di prestigio; tutte cose che si susseguivano e davano vita a uno spettacolo di pantomima all'inglese, pieno di forza e non paragonabile a nessun altro." (Charlie Chaplin)
EUR 19.95
Larghezza
"Si potranno ormai decifrare, così mi auguro, gli omologhi moderni del gesto del dono di cui ho abbozzato la storia. L'autentica compassione non è spenta, e come sempre ripugna a mostrarsi. In compenso la moneta spicciola dei simulacri è ridondante. Cosa è divenuto l'antico lancio dei doni? Oggi, nei paesi ricchi, è la diffusione inesauribile delle immagini, la merce travestita da regalo, la disseminazione di oggetti usa e getta, i campioni gratuiti, i saldi, gli omaggi, i buoni d'acquisto: i saturnali durano tutto l'anno. Il saccheggio organizzato? Oggi, la corsa al buffet planetario, la corsa verso tutte le tavole imbandite, verso tutti i parchi di divertimento. La carità? Oggi, l'umanitarismo-spettacolo, i benefattori filmati sullo sfondo di mucchi di cibo. E oggi, se non bastasse, per una singolare estensione della parola, il dono di organi, il dono del sangue, il dono dello sperma. Trapianti appena immaginati in altri tempi, eclissanti i vecchi miracoli, ridonanti la possibilità di vivere a malati condannati, ma doni che non sempre sono l'espressione di una volontà donatrice e di un sacrificio cosciente: doni della sostanza intima, ma senza incontro di sguardi tra chi dona e chi riceve. Ma tutto questo è radicalmente nuovo? Non si sono visti in ogni tempo ciarlatani - emuli del diavolo, il supremo illusionista - far credere di poter dispensare la sovrabbondanza gettando a piene mani cianfrusaglie?"
EUR 20.90
Monet
"A chi, timoroso di arrendersi a un'evidenza e a un ordine di considerazioni apparentemente scientifiche e naturalistiche, non ha mai fissato l'attenzione con la debita commozione e reverenza sul momento ideale in cui nella mente di Brunelleschi fu generato il miracolo della prospettiva (che significava, nella apparente povertà matematica di alcune linee convergenti, un nuovo modo di pensare, e in pari tempo di sentire e d'immaginare); a questi non sembrerà forse abbastanza commovente, per gli stessi motivi, l'urto labile e concreto a un tempo di una luce vera sul fogliame della radura, sulle vesti luminose, sui volti riverberati dei personaggi che fra il 1865 e il '66 Monet adunò per il suo 'Déjeuner sur l'herbe': omaggio e risposta a un tempo a quello di Manet." Con uno scritto di Roberto Tassi.
EUR 19.00
Uomini del Ventesimo secolo
"Nel Medioevo si scatenò una celebre disputa tra dotti. Sono trascorsi mille anni. I contendenti si dicevano nominalisti e realisti. Indubbiamente questa disputa continua a valere anche ai giorni nostri, sebbene i termini siano mutati. È arduo dire in breve di cosa si trattasse, perché sono trascorsi tanti secoli, e perché nel frattempo le parole hanno mutato il loro senso, ma possiamo sintetizzare a grandi linee il conflitto: i nominalisti ritenevano che solo le entità particolari siano reali ed esistenti, mentre i realisti sostenevano che solo i concetti generali, gli universali - diciamo il genere o l'idea -, siano effettivamente reali ed esistenti. In che modo questa disputa investe i volti e le immagini? Lo dirò più avanti, dopo aver analizzato due tipi di livellamento: il livellamento che accomuna i volti umani nella morte e il livellamento esercitato dalla società e dalla classe a cui gli individui appartengono. Che cosa intendo per livellamento? La cancellazione delle diversità private e personali, l'annullamento di tali diversità sotto l'impronta formativa di una forza più potente, o meglio di due forze, quella della morte e quella della società umana." (Dallo scritto di Alfred Döblin)
EUR 36.10
Po art & Warhol
È l'estasi per l'artificiale a sostenere il carattere travolgente della pop art. La caduta nell'abisso della pubblicità e della ripetizione iconica ha trasformato, negli anni sessanta, il silenzio e la solitudine dell'action painting americana e dell'informale europeo in un rumore assordante e in una diffusione pubblica che ha colmato ogni vuoto espressivo e comunicativo. Ha aperto una frattura, documentata e analizzata in questa raccolta di scritti di Germano Celant, che ha messo in crisi la difesa di ogni identità culturale e territoriale per consegnare l'arte a una visione globale senza confini. È stata una discesa nel quotidiano, nel banale e nel popolare che si è nutrita di flussi superficiali, composti di una miriade di frammenti provenienti dal mondo dei mass media, che sono approdati prima agli assemblage neodada di Jasper Johns e di Robert Rauschenberg. In seguito si sono resi superficiali e congelati nelle riproposizioni oggettuali di Roy Lichtenstein, Jim Dine, James Rosenquist e Tom Wesselmann, oppure hanno costruito entità ingombranti e spettacolari negli environment di Claes Oldenburg e George Segal, per arrivare alle sequenze siderali di Andy Warhol. Una macinazione e una triturazione d'immagini e di cose che, con una spinta spasmodica verso il reale, hanno stravolto l'esistenza dell'arte contemporanea. Testi di Germano Celant con fotografie di Ugo Mulas, Gianfranco Gorgoni, Aurelio Amendola, Maria Mulas, Mimmo Jodice, Michele Bonuomo.
EUR 30.40
Diario 1822-1863
"In una discussione con un amico, il quale faceva consistere romanticamente il genio nella passione, Delacroix sostenne che si debba porlo invece nella fantasia e nella sensibilità che «fa vedere quello che gli altri non vedono». A che titolo dunque Delacroix è un romantico? Non nell'angusta accezione storica del termine: l'amor malato, la letteratura-confessione gli ripugnavano. Ma non siamo ancora noi dei romantici? Romantici in quanto decadenti, e sappiamo che queste definizioni hanno perduto il loro valore limitativo e denigratorio, per assumerne uno positivo. In questo senso Delacroix è veramente un romantico, vale a dire un moderno. Perciò conoscere il suo Diario è anche «mettersi al corrente ». [...] Il Diario di Delacroix pittore non è fatto esclusivamente per i pittori, e non perché vi si parla anche di musica e di letteratura. Delacroix, per parte sua, dichiarò che i suoi pensieri sarebbero stati utili ai filosofi, e non intendeva riferirsi ai professionisti, o per lo meno non a quelli solamente. Egli pensava che nessun libro, anzi, nessuna opera ha il diritto di esistere se non ha in sé una certa filosofia, che è quella, si può aggiungere, senza la quale non ha senso nemmeno nessuna vita. Quello che ha conservato vivo il suo Diario e così «vere» per sempre le sue scoperte è un sentimento: un verace e profondo sentimento della pittura, quello che fece così ricca e appassionata la sua volontaria solitudine." (Dallo scritto di Lalla Romano)
EUR 19.95
Vermeer
"Vermeer è giunto a noi dal passato in un modo del tutto nebuloso, vago, come Shakespeare. Sembra che la storia sia passata su di loro come la luce di un faro che ruoti nella notte: a lampi. Vediamo Vermeer d'improvviso illuminato dalla fama e altrettanto rapidamente scomparire nel nulla. I documenti sono contraddittori e le notizie scarne. Si esita a porre gli atti pubblici in relazione con i dipinti: la parabola del pittore Vermeer ha solo qualche fragile legame con la vita del cittadino di Delft".
EUR 13.30
Il Vittoriale degli italiani
"Nel gennaio 1921 Gabriele d'Annunzio, eroe di guerra e reduce dall'impresa di Fiume, decide di abbandonare Venezia, ormai 'città del silenzio' e non più del 'fuoco', non più città imaginifica, ma soltanto legata ai ricordi di guerra e dei compagni comparsi durante le azioni aeree. A Olga Brunner Levi - l'amante con cui ha diviso gli anni del conflitto che chiamava appunto 'la rosa della mia guerra' - scrive del profondo turbamento che sta vivendo: 'Cara Venturina , non ho osato e non oso venire a vederLa [ ... ] nella bella casa non dimenticata mai. Sono qui per poche ore in cerca di un rifugio. Non vedo nessuno. E muoio di malinconia [ ... ] Che terribile turbine è passato su la mia vita!'. Pochi giorni dopo questa lettera il Poeta lascerà definitivamente Venezia e il palazzo Barbarigo della Terrazza che aveva affittato - la Casetta rossa era tornata agli Hohenlohe - per riporvi mobili, libri, suppellettili e le preziose carte giunte dallo chalet di Arcachon. A vegliare sul palazzo e soprattutto su tutto ciò che contiene sarà Aélis Mazoyer, la fidatissima governante-amante del periodo francese che, in seguito, lo raggiungerà anche al Vittoriale e lo assisterà fino alla fine. Gabriele potrà così raggiungere il suo nuovo 'rifugio' sulla costa bresciana del lago di Garda che, nel frattempo, gli aveva trovato Tom Antongini, suo segretario dai tempi della Capponcina. Si tratta della villa Cargnacco a Gardone Riviera appartenuta al defunto Dottor Thode."
EUR 20.90
L' arte dell'islam
"Se alla domanda "cos'è l'Islam?" si rispondesse indicando semplicemente uno dei capolavori dell'arte islamica, come ad esempio la moschea di Cordoba, quella di Ibn Tûlûn al Cairo, una delle mederse di Samarcanda o anche il Taj Mahal, questa risposta, per quanto sommaria, sarebbe peraltro valida, poiché l'arte dell'Islam esprime senza equivoci quel che denomina. [...] Non è stupefacente né assurdo che la manifestazione più esteriore di una religione e di una civiltà come quelle dell'Islam rifletta a suo modo quel che vi è di più interiore in questa stessa civiltà. La sostanza dell'arte è la bellezza; la bellezza è una qualità divina e comporta in quanto tale un duplice aspetto: nel mondo essa è apparente; riveste, per così dire, le creature e le cose belle. Mentre in Dio, o in se stessa, è beatitudine inferiore; tra tutte le qualità divine che si manifestano nel mondo, la bellezza è quella che più direttamente richiama il puro Essere. Questo significa che lo studio dell'arte islamica, come di qualsiasi arte sacra, può condurre, quando viene intrapresa con una certa apertura di spirito, verso una comprensione più o meno profonda di verità spirituali che sono alla base di tutto un mondo al tempo stesso cosmico e umano. Considerata in tal modo, la 'storia dell'arte' supera il piano della storia pura e semplice, fosse solo per porre queste domande: da dove proviene la bellezza del mondo di cui stiamo parlando?" (dall'introduzione)
EUR 21.85
Scritti di estetica
"È facile riconoscere un atteggiamento generale costante, nei diversi momenti della molteplice azione di rinnovamento intrapresa da Diderot: è l'esigenza profonda di conferire all'arte una nuova dignità, una serietà, un'autorevolezza maggiore, un più alto potenziale rivoluzionario. È tutto qui il senso della sua iniziazione, e poi della sua prolungata, ostinata applicazione ai problemi tecnici dell'espressione artistica (nella pittura, nella scultura, nella musica, nel teatro) e, insieme, della passione e dell'insistenza con cui non cessò di richiamarsi al contenuto, alla funzione e all'effetto morale dell'opera d'arte. Sarebbe un errore voler restringere alla sola pittura il significato di questa sua frase famosa: 'Due qualità sono essenziali all'artista, la morale e la prospettiva'. Non si tratta certo di una formula di tipo precettistico, ma di un affermazione di principio espressa. se si vuole. in modo sintetico e paradossale - sullo sforzo necessario per conquistare, e continuamente riconquistare, all'arte i suoi valori, il suo ruolo insostituibile nei progressi del consorzio umano." (dallo scritto di Guido Neri)
EUR 22.80
Il mio Giacometti
Scritti sull'arte
"In quel frammento un poco più lungo, ma chiuso e denso, che s'intitola 'Sull'arte e sullo spirito dell'arte', ed è come un solido mosaico di aforismi, scritti col tono dell'esortazione, della regola, anzi del comandamento, Friedrich ha concentrato tutto il suo pensiero sull'arte; tanto da farne una specie di manifesto non solo per sé, ma per l'intera arte romantica originaria. Frantumandolo, quasi riga per riga, se ne possono trarre tutte le indicazioni, le conoscenze e i riferimenti, per lui stesso, per la sua vita e la sua pittura, come se avessimo tra le mani la ponderosa sapienza di un trattato. Condizione preliminare è consacrare la vita all'arte; nient'altro dev'essere possibile, né scrivere, né insegnare, né viaggiare, né svolgere alcuna attività che non sia nell'intimo inerente all'arte; solo il rapporto con la natura, il cammino entro la natura, la penetrazione della natura, allo scopo di poterne assorbire lo spirito e trasferirlo nel quadro, è possibile, come atto complementare e preludente a quello del dipingere. Di questa consacrazione Friedrich è stato un esempio totale e supremo, e poiché essa comporta la solitudine, la lontananza dagli uomini, della sua vita e delle sue parole restano solo poche testimonianze." (dallo scritto di Roberto Tassi)
EUR 18.05
Hokusai
"Non ci fu cosa o soggetto che non ebbe posto nell'immensità dell'arte di Hokusai, pari all'immensità dell'universo. Si può dire che l'artista fu inebriato dallo spettacolo della vita e dalla molteplicità delle forme e che, neppure nei periodi di intenso naturalismo, l'arte giapponese aveva conosciuto qualcosa di simile. [...] Gli uomini e gli animali, gli umili testimoni dell'esistenza quotidiana, la leggenda e la storia, le solennità mondane e i mestieri, tutti i paesaggi, il mare, la montagna, la foresta, il temporale, le tiepide piogge delle primavere solitarie, l'alacre vento agli angoli delle strade, la tramontana sull'aperta campagna, tutto questo più il mondo dei sogni e il mondo dei mostri costituisce il regno di Hokusai, se alla parola è dato di segnarne i limiti. [...] Vita e movimento, studiati nella fatica o nella gioia degli uomini, come nel brulichio del mondo animale, nel brusco scatto che fa saltare l'insetto, in un nervoso colpo di pinna, ecco il grande principio che governa la curiosità dell'artista e la tiene desta ovunque una forma organica si muove, si agita, si dimena e si contorce. La cultura di una sensibilità delicata, la meditazione dei grandi esempi ereditati dal passato, la ricerca di uno stile che risiede nella ponderazione o nell'immobilità non potevano soddisfare l'artista. Hokusai ha voluto che la sua arte fosse pari, non alla creazione di uno splendido sogno solitario, ma pari al fremito e all'energia delle forme viventi."
EUR 19.95
Alberto Giacometti
Quello che qui viene presentato è uno dei numerosi saggi che lo scrittore Yves Bonnefoy ha dedicato all'opera di Giacometti. Poiché il testo si concentra sull'interpretazione del periodo definito 'surrealista' all'interno della parabola creativa dell'artista, sono stati riportati in Appendice due degli scritti di Giacometti vicini alle tematiche del periodo in questione: 'Il sogno, lo Sphinx e la morte di T.' e la 'Lettera a Pierre Matisse', una sorta di autobiografia spirituale dell'artista, in cui si evidenziano le tappe che lo condussero ad abbandonare 'la costruzione di oggetti in sé stessi' a favore di un rinnovato avvicinamento alla realtà. Il saggio è accompagnato dalle riproduzioni delle opere dell'artista citate da Bonnefoy.
EUR 12.35
Botticelli
"Aby Warburg (1866-1929) scelse come argomento della sua tesi di dottorato due dipinti mitologici di Botticelli: la Nascita di Venere e la Primavera, a quel tempo divisi ed esposti rispettivamente agli Uffizi e all'Accademia. Nella scelta di due "capolavori", già allora considerati "emblematici" del Rinascimento, oltre alla volontà di porre in risalto il significato che l'interesse per l'antichità assumeva nella cultura fiorentina del tardo Quattrocento, è possibile riconoscere un'intenzione polemica e una sfida alla visione "estetizzante" di tali opere da parte di un pubblico "moderno", ispirata dalle concezioni dei preraffaelliti e dell'Art Nouveau. La dissertazione, presentata nel dicembre 1891, venne pubblicata due anni più tardi, con il significativo sottotitolo di Ricerche sull'immagine dell'antichità nel primo Rinascimento italiano, e con una dedica a Hubert Janitschek e al docente di archeologia classica Adolf Michaelis, di cui il giovane Warburg aveva nel frattempo seguito i corsi." (dallo scritto di Pierluigi De Vecchi)
EUR 13.30