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Concetti fondamentali della storia dell'arte
"Come orientamento generale, basterà dire quanto segue: i "Concetti fondamentali" sono sorti dalla necessità di offrire una più salda base all'analisi della storia dell'arte; non a un giudizio di valore, dunque, di cui qui non si parla, bensì alla definizione dello stile. A tale scopo è sommamente interessante conoscere la forma rappresentativa dinanzi a cui ci si trova volta per volta (conviene parlare di forme della rappresentazione piuttosto che di forme visive). La forma della rappresentazione visiva non è ovviamente qualcosa di esteriore, ma ha un'importanza determinante anche per il contenuto della rappresentazione, e in questo senso la storia del succedersi dei concetti figurativi è già storia dell'arte. Il modo di vedere o, come preferiamo dire, della rappresentazione visiva, non è sempre e ovunque identico, avendo, come tutto ciò che vive, una sua evoluzione. Vi sono gradi nella rappresentazione visiva di cui lo storico dell'arte deve tener conto. Si parla di modi di vedere arcaici e "immaturi", così come si parla, d'altra parte, di periodi di "arte matura" e di "arte tardiva". (...) Ora, nel presente volume non si vuole offrire un compendio di storia, ma si cerca di stabilire certi criteri di valutazione con cui si possono misurare, con una certa esattezza, i mutamenti storici e i caratteri nazionali."
EUR 27.55
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Il bello nell'arte. Scritti sull'arte antica
«Per noi, l'unica via per divenire grandi e, se possibile, inimitabili, è l'imitazione degli antichi, e ciò che si disse di Omero, che impara ad ammirarlo chi imparò a intenderlo, vale anche per le opere degli antichi, particolarmente dei Greci. Bisogna conoscerle come si conosce un amico, per poter trovare il Laocoonte inimitabile al pari di Omero. Una simile intima conoscenza condurrà al giudizio di Nicomaco sull'Elena di Zeusi: "Prendi i miei occhi" disse questi a un ignorante che voleva biasimare il quadro "ed essa ti sembrerà una dea"». Con uno scritto di David Irwin.
EUR 20.90
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La Bibbia di Amiens
"Quello che Ruskin chiama propriamente la «Bibbia d'Amiens» è il Portico Occidentale. Il portico d'Amiens non è soltanto un libro di pietra nel senso vago in cui l'avrebbe inteso Victor Hugo: è «La Bibbia» di pietra. Senza dubbio, prima di saperlo, quando vedete per la prima volta la facciata occidentale d'Amiens azzurra nella nebbia, splendente al mattino, e intensamente dorata nel pomeriggio per il sole assorbito, rosata e già fresca e notturna al tramonto, o non importa in quale di queste ore le sue campane suonino nel cielo, allora liberandola dai colori mutevoli, con i quali la natura la fascia, voi sentite davanti a questa facciata un'impressione confusa ma profonda. Vedendo levarsi verso il cielo questo monumentale formicolìo, dentellato di personaggi di proporzioni umane nella loro statura di pietra, che tengono nella mano la croce o il filatterio o lo scettro, questo mondo di santi, queste generazioni di profeti, queste processioni di apostoli, questo popolo di re, questa sfilata di pescatori, quest'assemblea di giudici, questo stormo di angeli, gli uni di fianco agli altri, gli uni al di sopra degli altri, diritti presso la porta, mentre guardano la città dall'alto delle nicchie, dalle estremità delle gallerie, più in alto ancora, così da non ricevere più che vaghi e meravigliati gli sguardi degli uomini ai piedi della torre, nel suono delle campane, senza dubbio, al calore della vostra commozione, voi sentite che questa gigantesca, immobile ed appassionata ascensione è realmente una grande cosa. Ma una cattedrale non è soltanto una bellezza da sentire. Se pure non è più per voi un insegnamento da seguire è tuttavia un libro da comprendere. Il portale di una cattedrale gotica, e specialmente quello di Amiens, la cattedrale gotica per eccellenza, è la Bibbia." (dallo scritto di Marcel Proust)
Vedi Offerta Conversazioni con Michel Archimbaud
«Il problema principale, per l'artista, è riuscire a fare qualcosa che si vede con il proprio istinto, anche se non ci si riesce quasi mai. È un obiettivo cui ci si può al massimo avvicinare. Ma è questo il problema principale: arrivare a fare qualcosa istintivamente. Quanto poi a spiegare l'istinto, la questione è troppo complessa. Osservando la trasformazione della pittura nel corso dei secoli, è legittimo chiedersi se di secolo in secolo non si trasformi anche l'istinto, se non sia modificato da tutto quel che si vede, da tutto quel che si sente. Non so bene. Quel che posso dire è che l'istinto si impone. Si potrebbe forse spiegare la maniera con cui un'immagine viene creata, perché è una questione di tecnica. Le tecniche cambiano, e si può parlare di pittura scrivendo una sorta di storia delle tecniche pittoriche. Quel che però fa la pittura, l'elemento inalterabile, il soggetto della pittura, quello che la pittura è, non si può spiegare. Credo sia impossibile. Quel che posso forse dire è che, a modo mio, disperato, vado qua e là seguendo i miei istinti». Con uno scritto di Milan Kundera.
EUR 14.25
La città dalle 100 meraviglie
"Qualcuno ha scritto che nei testi di de Pisis si riconoscono i soggetti, i colori e certe emozioni dei suoi dipinti, cercando una correlazione fra i due linguaggi. È certamente vero perché entrambi fanno parte di un unicum, l'uno nutre l'altro e viceversa. Ma la caratteristica più interessante del personaggio nel suo complesso sta nella dimensione culturale assolutamente fuori dal comune, una dimensione erudita e profonda, da intellettuale raffinatissimo, conoscitore di discipline le più diverse, appassionato di arte antica e studioso di cosiddetti artisti minori, capace di darsi regole di studio severissime per raggiungere l'obiettivo della conoscenza. Tutto ciò fa da substrato fecondo sia della scrittura che della pittura, entrambi linguaggi articolati e di difficile elaborazione, che tuttavia de Pisis trasforma con apparente facilità in un dipanarsi di immagini, scritte o dipinte, che narrano la sua particolare visione del mondo che lo circonda, con un carattere di candore che è un elemento fondamentale del suo modo di leggere gli eventi, anche nei momenti nei quali affermerà, con la levità che gli era propria, la sua omosessualità. Egli ha senza dubbio conservato dentro di sé il pascoliano «fanciullino», attraversando due guerre mondiali senza neppure per una volta prenderne atto in uno scritto o in un quadro; con una levità che fortemente dentro di lui contrasta con il bisogno profondo di conoscenza. È forse questa dicotomia fra il reale vissuto e il reale sognato che lo porterà a una dissociazione interna e alla malattia mentale, facendolo vivere in quella dimensione «metafisica» che aveva cercato per tutta la vita." (dalla nota di Claudia Gian Ferrari)
EUR 20.90
Il Ritorno all'ordine
"Il Ritorno all'ordine è il movimento artistico più frainteso del ventesimo secolo. La sua stagione fondamentale, che si colloca tra il 1919 e il 1925 pur affondando le radici nei primi anni dieci, coinvolge tanti artisti in tutta Europa (da Picasso a Braque, da Derain a Matisse, da Miró a Dalí, da Schad a Schrimpf, da Carrà a de Chirico, da Campigli a Severini, da Martini a Sironi) e soprattutto comprende un così gran numero di capolavori da rendere inspiegabile il lungo ritardo con cui ne è stata ricostruita la fisionomia. Il suo linguaggio muove infatti da un presupposto comune: il richiamo all'antico e a una nozione classica di spazio e tempo, forma e disegno, mestiere e soggetto. E l'affinità di ideali espressivi che unisce i suoi protagonisti lo rende una sorta di koinè europea, nitidamente riconoscibile nonostante le diverse declinazioni nazionali e le varie personalità degli artisti. È un classicismo eretico, dove la centralità dell'uomo convive con la sua perifericità, la sua monumentalità con l'incertezza del suo destino. Come sono esistiti un classicismo cinquecentesco, uno seicentesco e un neoclassicismo, è esistito anche un classicismo novecentesco: incompiuto e frammentario, forse, ma il solo che il ventesimo secolo abbia saputo concepire". (Elena Pontiggia)
EUR 20.90
Ricostruire e meccanizzare l'universo
Fortunato Depero (1892-1960) è stato il protagonista dell'arte meccanica che ha caratterizzato il futurismo degli anni venti. La raccolta dei suoi scritti teorici permette di ripercorrere e analizzare le tappe più significative di un itinerario creativo che, investendo la pittura, la scultura, il teatro, l'architettura, le parole in libertà e l'arte pubblicitaria, è stato tra i maggiori contributi formulati dal futurismo per il rinnovamento dell'arte italiana. Giovanni Lista, specialista del futurismo, firma questa riedizione dei testi, procedendo inoltre ad un nuovo esame del particolare metodo di sfigurazione e stilizzazione con cui Depero rielaborava le apparenze fenomeniche della realtà per restituirle in chiave meccanica. Ne riabilita quindi la poetica qualificandola di ludica e felice parentesi di meccanicismo dal sapore illuminista all'interno della modernolatria tecnologica preconizzata dal futurismo marinettiano.
EUR 27.55
Su Caravaggio
"I dipinti di Caravaggio ci dicono cosa dovrebbe essere la pittura, e questo è uno dei suoi meriti incontestabili. Le qualità della perfezione vengono costantemente sospinte in avanti, verso il primo piano del dipinto, dove è impossibile non coglierle. Caravaggio comunica l'ansia e l'urgenza implicite nei meccanismi dell'espressione pittorica, riuscendo al tempo stesso a far compiere a questi stessi meccanismi miracoli assoluti. Oseremmo chiedere di più?". In appendice: "vita di Michelangelo Merigi da Caravaggio" di Giovan Pietro Bellori.
EUR 12.35
Il sublime, adesso
"Una tela di Newman oppone alle narrazioni la sua nudità plastica. Tutto è presente: dimensioni, colori, tratti, senza alcuna allusione. Tutto è presente a tal punto da divenire un problema per i commentatori. Che dire, che non sia già dato? La descrizione è semplice, ma piatta come una parafrasi. La miglior glossa consiste nell'interrogazione: che dire?, nell'esclamazione: ah!, nella sorpresa: allora è così! Altrettante espressioni di un sentimento che ha un nome nella tradizione estetica moderna (e nell'opera di Newman): il sublime. È il sentimento del: ecco, è così. Non c'è dunque quasi nulla - o un non-so-che - da "consumare". Non si può consumare l'occorrenza, ma solo il suo senso. Sentire l'istante è istantaneo". (Dallo scritto di Jean-Francois Lyotard)
EUR 12.35
I pittori italiani del Rinascimento
«Fu mia intenzione abbozzare in questo volume una teoria delle arti; specialmente delle arti della figura, ed in quanto si manifestano in forme pittoriche. Prescelsi esempi italiani, non soltanto perché mi trovo ad avere più intima conoscenza dell'arte italiana, ma perché l'Italia è il solo Paese dove le arti della figura siano passate per tutte le fasi: dall'inetto al sublime, da forme semibarbare agli estremi fastigi della bellezza intellettuale; per ricadere in condizioni barbariche a malapena dissimulate sotto gli spogli logori e stinti dell'età superba. Trattai di ciò che costituisce le arti del disegno, e, più precisamente, le arti della figura». Con uno scritto di Flavio Caroli.
EUR 30.40
Scritti
"Pur proseguendo senza tregua nella sua fatica di Sisifo in quell'atelier miserabile che era la tana da cui nemmeno il successo materiale progressivamente sopravvenuto mai lo allontanò, Alberto Giacometti non era comunque un taciturno. Non lo sentii forse dire una volta - con quell'humour ambiguo che gli era caratteristico e cui corrispondeva il suo sorriso di dolce cannibale - che gli sarebbe stato indifferente essere ridotto allo stato di uomo-tronco senza braccia né gambe purché lo si posasse sul caminetto dall'alto del quale avrebbe potuto continuare a discutere con gli amici nella stanza in cui si sarebbero trovati riuniti? Conversatore impenitente come altri sono ferventi giocatori di carte o di scacchi, Alberto Giacometti non era meno portato al soliloquio come testimoniano, redatte in quella lingua francese che ben più dell'italiano dialettale del suo cantone originario dei Grigioni va considerata la matrice del suo pensiero di uomo maturo, le note sparse in numerosi taccuini in cui le si trova gettate come per caso, senza che nulla possa far pensare a un diario che l'interessato avrebbe ritenuto utile tenere. La mente costantemente desta e la mano sempre attiva, Alberto Giacometti non smetteva mai di coprire di scarabocchi le cose più diverse che si trovavano alla sua portata: tovaglie di carta di ristoranti senza pretese, margini di libri della «Série noire», fino ai muri decrepiti del suo atelier. Come se avesse voluto vivificar tutto con il suo segno e non soltanto produrre per l'altrui sguardo atemporale immagini a tre o a sole due dimensioni. Oggi appollaiato su un alto caminetto nella nera stanza della morte, Alberto Giacometti senza testa né corpo tiene, attraverso i testi e le conversazioni qui raccolti, un discorso che non smette d'essere un fuoco tambureggiante." (dalla presentazione di Michel Leiris). Presentazione di...
Apparenza nuda. L'opera di Marcel Duchamp
«Apparenza nuda» è formato da due saggi che Octavio Paz ha dedicato a Marcel Duchamp.?Il primo è un'introduzione generale all'opera dell'artista francese: esso contiene una descrizione completa e un'interpretazione del Grande Vetro, lasciato «definitivamente incompiuto» nel 1923. Uno dei pittori più celebri del nostro secolo abbandona l'arte per dedicarsi agli scacchi ed entra, così, nella leggenda. Dopo la sua morte, si scoprirà con stupore che aveva lavorato in segreto per vent'anni... Per Paz, l'opera di Duchamp e il suo abbandono della pittura non derivano né dal patetismo né dall'orgoglio, ma da una folle saggezza: da quella «libertà d'indifferenza» che rimane dopo la conoscenza. Il secondo saggio è un'analisi dell'Assemblaggio di Filadelfia. Paz mostra come esso si ricolleghi al Grande Vetro e alle altre opere di Duchamp, perché un medesimo principio governa tutte le sue speculazioni plastiche: il principio della «cerniera» (le porte - e le idee - si aprono nelle sue opere senza peraltro cessare di essere chiuse, e viceversa). Questo saggio riesce dunque a mettere in luce le somiglianze profonde tra il percorso di Duchamp e il mito di Diana e Atteone: dal voyeurismo alla contemplazione mediante il sacrificio. Anche altre forme della «cerniera» vengono evocate: la stereoscopia, l'anamorfosi, Giano «doppio» di Diana, divinità delle porte, dio-cerniera. Nell'ultima parte del saggio, Paz mostra come Duchamp sia l'erede del tema tradizionale e centrale del pensiero e dell'arte occidentali: l'amore e la conoscenza. La sua visione è il prolungamento inatteso della tradizione dell'amore cortese e dell'ermetismo neoplatonico.
EUR 15.00
Scritti
«Penso ai miei dipinti come a opere teatrali: le forme che appaiono sono gli attori sul palcoscenico. Nascono dall'esigenza di trovare un gruppo di interpreti in grado di muoversi sulla scena senza imbarazzo e di compiere gesti teatrali senza vergogna. Non è possibile prevedere né descrivere in anticipo quale sarà l'azione o chi saranno gli attori. Tutto ha inizio come in un'avventura sconosciuta, in un mondo mai veduto prima. È solo nel momento del compimento di questa avventura che ci rendiamo conto, come per un'illuminazione improvvisa, che ciò che si è concretizzato sulla scena è proprio quello che deve concretizzarsi. Tutti i programmi, tutti i concetti che avevamo all'inizio erano solo una via di uscita che ci ha permesso di abbandonare il mondo da cui questi stessi concetti hanno avuto origine.» Con uno scritto di Michel Butor.
EUR 12.35
Ritratti
Realizzando i ritratti delle personalità qui raccolte, il fotografo si è interessato esclusivamente al volto dei suoi modelli, senza tener conto della loro situazione o della loro celebrità, né della maggiore o minore simpatia che potevano personalmente ispirargli. Quando in seguito ha potuto fare una più approfondita conoscenza di alcune delle persone ritratte, i suoi sentimenti nei loro confronti si sono precisati, poco importa come. Per esprimere questo interesse l'autore è ricorso a un giochetto un tempo in voga fra i surrealisti: ha attribuito un 20 quando era in perfetta sintonia con la personalità e nutriva per la sua fotografia un apprezzamento senza riserve. Partendo da questa base, ha quindi classificato ciascun soggetto e ciascuna immagine da 0 a 20. Il lettore, ammesso che l'interessato sia ancora al mondo, può modificare a suo piacimento tali valutazioni. Anche il breve commento con cui l'autore ha accompagnato ogni ritratto, e che a suo avviso caratterizza il modello, esprime un giudizio del tutto personale. Esso non deve in nessun caso esser considerato come definitivo.
EUR 11.40
Brancusi fotografo. Ediz. illustrata
"L'atelier dello scultore Brancusi, la prima volta che lo vidi, mi fece più impressione di una cattedrale. Ero sopraffatto dal biancore e dalla luminosità dell'ambiente. Entrare nell'atelier di Brancusi era come penetrare in un altro mondo: il bianco, che è dopotutto la sintesi di tutti i colori dello spettro, il bianco si estendeva perfino alla stufa di mattoni costruita a mano e alla sua lunga canna e veniva qua e là enfatizzato da qualche trave di quercia appena sbozzata o dall'aureo metallico luccichio di una levigata forma dinamica ritta su un piedistallo. Nell'atelier non c'era nulla che fosse uscito da un negozio, neppure mobili e sedie. Un solido cilindro in gesso bianco di due metri circa di diametro fungeva da tavolo, mentre le panche consistevano in un paio di ceppi d'albero scavati. Piccoli cuscini sparsi qua e là rendevano i sedili più invitanti. Mi recai da Brancusi per ammirare la sua opera, e anche con l'intenzione di fargli un ritratto da aggiungere alla mia raccolta. Non appena affrontai l'argomento si accigliò: non amava farsi fotografare. Gli sarebbe invece piaciuto avere delle buone fotografie delle sue sculture; fino ad allora le rare riproduzioni che aveva visto erano state una delusione. Mi mostrò una foto che gli aveva mandato Stieglitz, fatta durante la mostra di New York. Ritraeva una scultura in marmo, e sia la luce che l'inquadratura erano perfette. Era una bellissima fotografia, riconobbe, ma non rappresentava il suo lavoro. Soltanto lui avrebbe saputo come fotografarlo. Ero disposto ad aiutarlo nell'acquisto del materiale necessario e a dargli qualche lezione? Ben lieto di fargli una cortesia, il giorno dopo uscimmo per comprare un apparecchio fotografico e il relativo treppiedi. Gli suggerii il nome di un laboratorio per lo sviluppo delle foto, ma anche lo sviluppo...
Memorie
«In definitiva, sarò stato soltanto me stesso. Fedele a ciò che ho creduto di sapere, al retaggio dei maestri antichi, alla mia infanzia, a ciò che la mia civiltà ha creato. Non mi sono mai lasciato adescare dai canti delle false sirene, dalle mode e dai capricci estetici di cui la mia generazione e il mio secolo sono stati così avidi. A rischio di apparire testardo e ribelle, ho sempre fatto soltanto ciò che ho voluto. O almeno ciò che la mia coscienza e il mio istinto mi hanno imposto. Docile a ciò che la mia mano dettava e a ciò che lo spirito mi permetteva di vedere e di trascrivere. Classico per l'ammirazione che ho portato ai grandi maestri della pittura, e romantico per il mio lato Heathcliff, ho sempre evitato gli scogli perigliosi delle scuole e dei movimenti, delle accademie e dei salotti. La mia pittura si è elaborata in questo cammino solitario, da cui ho sempre bandito ogni sproloquio, per andare all'essenziale. Dipingere è partire da qualcosa di ignoto anche a se stessi, e che si offre quasi miracolosamente. Dipingere è testimoniare l'invisibile, una avventura rischiosa e fatale al tempo stesso, un autentico "mistero" nel senso medioevale del temine» (L'autore). Con uno scritto di Marco Vallora.
EUR 20.90
Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci. Nota e digressione
«È il maestro dei volti, delle anatomie, delle macchine. Sa come nasce un sorriso; e può inserirlo sulla facciata di una casa, o nei meandri di un giardino. Scapiglia e arriccia i filamenti delle acque, le lingue del fuoco. Fa un Cristo, un angelo, un mostro, prendendo ciò che è noto e si trova dappertutto, e inserendolo in un ordine nuovo». Tale per Valéry, la figura di Leonardo come artista. Ma per Valéry, Leonardo è anche una figura della coscienza riflessa, intesa come «il centro di gravità intorno al quale si organizza il sistema del mondo: mondo della natura, degli oggetti, delle sensazioni, dei pensieri, delle astrazioni, degli stimoli». Così, Stefano Agosti nel saggio che accompagna la sua traduzione di questi due scritti di Valéry su Leonardo, rispettivamente del 1894 e del 1919. Ad essi si aggiungono le preziose annotazioni e commenti in margine, redatti dall'autore nel 1930, per una raffinata pubblicazione in facsimile dei due testi. Di questa figura emblematica dell'universo mentale di Valéry, il lettore potrà ora conoscere - grazie anche al saggio precitato del curatore - le complesse diramazioni e potenzialità, le creazioni compiute e le possibilità virtuali, con cui Valéry non cessò mai di confrontarsi, lungo l'intero arco della propria speculazione intorno all'attività del pensiero e alle forme dell'arte.
EUR 18.05
Scritti sull'arte
L'interesse di Piero Manzoni (1933-1963) per la scrittura ha origini lontane. Protagonista dell'arte del Novecento, in gioventù fu indeciso se consacrarsi alla pittura o alla scrittura. Testi teorici, manifesti, articoli, scritti programmatici, strumenti per conoscere - e far conoscere - le sue idee, a volte pubblicati e tradotti già in vita in varie lingue straniere, testimoniano l'evolversi delle scelte e delle riflessioni manzoniane. Emblemi del suo «essere totale», di un artista dalla vocazione internazionale che ha concepito e realizzato in pochissimi anni «Achromes», «Linee», «Sculture viventi», «Merda d'artista», «Socle du monde» e molte altre opere radicali sintesi di poesia e ironia, gusto del paradosso e rigore concettuale. La scrittura, permeata da un substrato filosofico, sarà parte fondamentale di tutto il suo folgorante percorso. Il presente volume raccoglie sia gli scritti sull'arte editi in vita (dal 1956 al 1963) sia un nutrito corpus di bozze, dattiloscritti, appunti, alcuni trascritti e pubblicati per la prima volta.
EUR 13.30
Appunti sull'arte
«Tutto ciò che vedo diventa per me forma e stato d'animo. Anch'io a volte vedo quelle forme riconoscibili che la gente scorge nei miei quadri. ma chi può dire se siano nate casualmente o meno?... Forse i soggetti della pittura di Rembrandt - quei mendicanti e quegli ebrei che amava frequentare e osservare - erano comuni, scontati, come gli interni di Vermeer o i nudi carnosi di Rubens, o i nostri vortici di colore. Erano quel che accadeva di trovare in giro, quel che, alzandosi al mattino e accingendosi a "dipingere", veniva spontaneo rappresentare. Devo ammettere in tutta franchezza che, nell'ambito dell'arte, desidero essere anch'io della partita. Certo, a volte attraverso periodi di profondo sconforto, durante i quali guardo il mio quadro e mi dico: "Ma che diavolo stai facendo?". Però, da questo a ripartire da zero... e poi, da quale zero? Come artista, sono quello che sono ora, e non potrei in alcun modo tornare al figurativo, all'accademia, che è il punto da cui son partito. In Olanda ero un membro dell'accademia a pieno titolo, a dodici anni». (Willem De Kooning)
EUR 12.35
Le ville venete
"Leggendo questo trattato, è facile accorgersi di quanto Palladio ami le ville. L'architetto non è un grande letterato: il suo stile è piuttosto faticoso, le frasi si dipanano con lentezza, ma, quando scrive delle ville, il suo linguaggio si fa più sciolto. Egli, principale esponente di un nobile classicismo, affronta con disinvoltura e, si direbbe, quasi con piacere, temi banali: dalle zanzare alla bollitura dei legumi, dal tipo di piante che crescono lungo i corsi d'acqua al problema del puzzo dei letami. Così facendo, dimostra la sua grande concretezza, il senso pratico che lo porta ad agire sempre «sul campo», mai in modo astratto, ma anzi verificando personalmente ogni dettaglio. Si comprende così come le ville siano nate esattamente per il luogo in cui si trovano: non sono oggetti interscambiabili fra loro o (come è invece spesso avvenuto, specie nel mondo anglosassone) ricalcabili e «trapiantabili» altrove. Il genius loci caratterizza e indirizza ogni progetto, in un rapporto inscindibile con il contesto naturale e con la volontà del committente. Poiché, conclude Palladio con una punta di autoironia, «spesse volte fa bisogno all'architetto accommodarsi più alla volontà di coloro che spendono, che a quello che si devrebbe osservare»." (dalla postfazione di Stefano Zuffi)
EUR 12.35